
Si veda l'art. 4, commi 49-49 quater, della L. 24 dicembre 2003, n. 350, così come da ultimo modificato dall'art. 43, comma 1, del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, che così dispone:
«49. L'importazione e l'esportazione a fini di commercializzazione ovvero la commercializzazione o la commissione di atti diretti in modo non equivoco alla commercializzazione di prodotti recanti false o fallaci indicazioni di provenienza o di origine costituisce reato ed è punita ai sensi dell'articolo 517 del codice penale. Costituisce falsa indicazione la stampigliatura «made in Italy» su prodotti e merci non originari dall'Italia ai sensi della normativa europea sull'origine; costituisce fallace indicazione, anche qualora sia indicata l'origine e la provenienza estera dei prodotti o delle merci, l'uso di segni, figure, o quant'altro possa indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana incluso l'uso fallace o fuorviante di marchi aziendali ai sensi della disciplina sulle pratiche commerciali ingannevoli, fatto salvo quanto previsto dal comma 49 bis, [ovvero l'uso di marchi di aziende italiane su prodotti o merci non originari dell'Italia ai sensi della normativa europea sull'origine senza l'indicazione precisa, in caratteri evidenti, del loro Paese o del loro luogo di fabbricazione o di produzione, o altra indicazione sufficiente ad evitare qualsiasi errore sulla loro effettiva origine estera] . Le fattispecie sono commesse sin dalla presentazione dei prodotti o delle merci in dogana per l'immissione in consumo o in libera pratica e sino alla vendita al dettaglio. La fallace indicazione delle merci può essere sanata sul piano amministrativo con l'asportazione a cura ed a spese del contravventore dei segni o delle figure o di quant'altro induca a ritenere che si tratti di un prodotto di origine italiana. La falsa indicazione sull'origine o sulla provenienza di prodotti o merci può essere sanata sul piano amministrativo attraverso l'esatta indicazione dell'origine o l'asportazione della stampigliatura «made in Italy». [Le false e le fallaci indicazioni di provenienza o di origine non possono comunque essere regolarizzate quando i prodotti o le merci siano stati già immessi in libera pratica] .
«49 bis. Costituisce fallace indicazione l'uso del marchio, da parte del titolare o del licenziatario, con modalità tali da indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana ai sensi della normativa europea sull'origine, senza che gli stessi siano accompagnati da indicazioni precise ed evidenti sull'origine o provenienza estera o comunque sufficienti ad evitare qualsiasi fraintendimento del consumatore sull'effettiva origine del prodotto, ovvero senza essere accompagnati da attestazione, resa da parte del titolare o del licenziatario del marchio, circa le informazioni che, a sua cura, verranno rese in fase di commercializzazione sulla effettiva origine estera del prodotto. Per i prodotti alimentari, per effettiva origine si intende il luogo di coltivazione e di allevamento della materia prima agricola utilizzata nella produzione e nella preparazione dei prodotti e il luogo in cui è avvenuta la trasformazione sostanziale. Il contravventore è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 ad euro 250.000.
«49 ter. È sempre disposta la confisca amministrativa del prodotto o della merce di cui al comma 49 bis, salvo che le indicazioni ivi previste siano apposte, a cura e spese del titolare o del licenziatario responsabile dell'illecito, sul prodotto o sulla confezione o sui documenti di corredo per il consumatore.
«49 quater. Le Camere di commercio industria artigianato ed agricoltura territorialmente competenti ricevono il rapporto di cui all'articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ai fini dell'irrogazione delle sanzioni pecuniarie amministrative di cui al precedente comma 49 bis.
«49 quater. Fatto salvo quanto disposto dal comma 49 ter e fatte salve le sanzioni di cui all'articolo 16, comma 4, del decreto legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166, la fallace indicazione nell'uso del marchio, di cui al comma 49 bis, è punita, quando abbia per oggetto oli di oliva vergini, ai sensi dell'articolo 517 del codice penale ».
Si veda l'art. 16, comma 4, del D.L.25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, nella L. 20 novembre 2009, n. 166, che così dispone:
«Chiunque fa uso di un'indicazione di vendita che presenti il prodotto come interamente realizzato in Italia, quale "100% made in Italy", "100% Italia", "tutto italiano", in qualunque lingua espressa, o altra che sia analogamente idonea ad ingenerare nel consumatore la convinzione della realizzazione interamente in Italia del prodotto, ovvero segni o figure che inducano la medesima fallace convinzione, al di fuori dei presupposti previsti nei commi 1 e 2, è punito, ferme restando le diverse sanzioni applicabili sulla base della normativa vigente, con le pene previste dall'articolo 517 del codice penale, aumentate di un terzo.».
Le parole: «detiene per la vendita,» sono state inserite dall'art. 52, comma 1, della L. 27 dicembre 2023, n. 206.
Le parole: «fino a un anno o» sono state così sostituite dalle attuali: «fino a due anni e» dall'art. 15, comma 1, lett. d), della L. 23 luglio 2009, n. 99.
Le parole: «due milioni» (N.d.R.: € 1.032) sono state così sostituite dalle attuali: «ventimila euro» dall'art. 1, comma 10, del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, nella L. 14 maggio 2005, n. 80.