
…a condizione che la parte che intenda dolersi in sede di impugnazione dell'omesso esame della sua istanza si accerti del regolare arrivo della mail presso la cancelleria e dell'immediata sottoposizione della stessa all'attenzione del giudice procedente.
La Corte d'Appello di Genova confermava la sentenza di primo grado, con la quale l'imputato era stato dichiarato responsabile del reato di evasione fiscale.
Contro tale decisione, l'imputato propone ricorso per cassazione deducendo, tra i vari motivi, il fatto che egli aveva trasmesso mediante PEC istanza di rinvio dell'udienza per legittimo impedimento del difensore, tuttavia la Corte non solo non aveva riconosciuto il legittimo impedimento del legale, ma non ne aveva nemmeno dato atto nella decisione impugnata.
Con la sentenza n. 34096 del 15 settembre 2021, gli Ermellini dichiarano infondato il suddetto motivo di ricorso, illustrando quelli che sono i due orientamenti dominanti in materia.
Secondo il primo, nell'ambito del processo penale non è consentito alle parti private l'utilizzo della PEC per effettuare comunicazioni, notificazioni e istanze, considerando il tenore dell'
In base al secondo orientamento di legittimità, invece, la richiesta di rinvio dell'udienza per legittimo impedimento del difensore inviata a mezzo PEC non si considera irricevibile né inammissibile, anche se l'uso di tale modalità irregolare di trasmissione comporta un onere per la parte che intende dolersi in sede di gravame dell'omesso esame della sua richiesta di accertarsi del regolare arrivo della mail in cancelleria e della sua immediata sottoposizione all'attenzione del giudice.
Ciò posto, gli Ermellini condividono il secondo orientamento ma rilevano che nel caso concreto il suddetto onere non era stato adempiuto.
Inoltre, la Suprema Corte evidenzia che in ogni caso l'istanza sarebbe stata inaccoglibile e in tal senso richiama quanto già affermato dalle Sezioni Unite, secondo le quali il legittimo impedimento per impegno professionale in altro procedimento può dar luogo ad un'assoluta impossibilità a comparire a condizione che il difensore:
- Dia notizia dell'impedimento non appena abbia avuto conoscenza della contemporaneità dei diversi impegni;
- Specifichi le ragioni che rendano essenziale l'espletamento della sua funzione in altro processo;
- Rappresenti l'assenza di altro codifensore in grado di assistere il cliente;
- Dia conto dell'impossibilità di avvalersi di un sostituto
ex art. 102 c.p.p. in entrambi i processi.
Preso atto di ciò, nel caso di specie l'istanza di rinvio era priva di tutte le condizioni esposte, ad eccezione della prima.
Segue il rigetto del ricorso.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza (ud. 25 giugno 2021) 15 settembre 2021, n. 34096
Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 13/02/2020, la Corte die appello di Genova confermava la sentenza emessa in data 14/11/2018 dal Tribunale di Imperia, con la quale B.M. era stato dichiarato responsabile del reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 5 - per avere, in qualità di titolare dell'omonima ditta individuale denominata Enailstore di M.B., al fine di evadere l'imposta sul valore aggiunto, omesso di presentare la dichiarazione annuale relativa a detta imposta per l'anno (omissis), con imposta evasa pari ad Euro 182.594,00 - e condannato alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione B.M., a mezzo del difensore di fiducia, articolando due motivi di seguito enunciati.
Con il primo motivo deduce nullità della sentenza per inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità in relazione all'art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c) e art. 179 c.p.p..
Argomenta che in data 06/02/2020 aveva trasmesso mediante posta certificata istanza di rinvio dell'udienza per legittimo impedimento del difensore, adducendo due concomitanti impegni professionali, aventi ad oggetto udienze inerenti all'applicazione di misure cautelari con imputati ristretti agli arresti domiciliari; la Corte di appello non solo non riconosceva il legittimo impedimento del difensore ma non ne dava nemmeno atto nella sentenza impugnata, con evidente violazione dei diritti di difesa dell'imputato e la conseguente nullità della sentenza.
Con il secondo motivo deduce nullità della sentenza per violazione di legge in relazione all'art. 192 c.p.p. e D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 5 e correlato vizio di motivazione.
Lamenta che la Corte di appello di Genova, nel confermare la sentenza pronunciata dal Tribunale, aveva omesso una completa ed esaustiva valutazione delle doglianze espresse nell'atto di appello, limitandosi a richiamare quanto affermato nella sentenza di primo grado; argomenta che la sussistenza della finalità di evasione dell'imposta in capo al soggetto agente risulta decisiva per l'integrazione del reato contestato e che, a tali fine, al di là della mera assunzione della carica di amministratore di diritto, occorre la prova di ulteriori elementi che corroborino la sussistenza del dolo specifico; sul punto, la Corte territoriale si era limitata ad una lapidaria affermazione.
Chiede, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata.
Motivi della decisione
1. In via preliminare, va dato atto che il difensore del ricorrente ha dichiarato, con atto inviato il 15.6.2021, di aderire all'astensione dalle udienze proclamata dalle Unioni delle Camere Penali Italiane nei giorni 24 e 25 giugno 2021.
Tuttavia, siffatta dichiarazione, tenuto conto dell'assenza di richiesta di trattazione orale del procedimento per l'udienza del 25/06/2021 e della conseguente trattazione del procedimento in camera di consiglio, in base al disposto del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8, conv. in L. n. 176 del 2020, senza l'intervento del Procuratore generale e dei difensori delle parti, è del tutto priva di efficacia (cfr in termini, Sez.5, n. 14895 del 2021), giacchè non sono individuabili, nè individuate, attività difensive esercitabili nel periodo di astensione (cfr art. 3 Codice di autoregolamentazione dell'astensione dalle udienze degli avvocati che contempla espressamente quale legittimo impedimento in adesione alla proclamata astensione - purchè debitamente dichiarato o comunicato -, la mancata comparizione dell'avvocato all'udienza o all'atto di indagine preliminare o a qualsiasi altro atto o adempimento per il quale sia prevista la sua presenza, ancorchè non obbligatoria).
2. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Va dato atto, affrontando la questione proposta dal ricorrente, che la giurisprudenza di legittimità in tema di differimento di udienza non è uniforme. Secondo l'orientamento più rigoroso (Sez. 5, n. 48911 del 01/10/2018, Rv. 274160 - 01; Sez. 5, 15 marzo 2018 - dep. 12 luglio 2018, n. 32013, non mass.; Sez. 4, n. 21056 del 23/01/2018, Rv. 272741 - 01; Sez. 2, n. 31314 del 16/05/2017, Rv. 270702; Sez. 1, n. 18235 del 28/01/2015, Rv. 263189 - 01; Sez. 3, n. 7058 del 11/02/2014, Rv. 258443 - 01), nel processo penale, alle parti private è inibita l'utilizzazione della posta elettronica certificata per effettuare comunicazioni, notificazioni ed istanze, stante il chiaro tenore della norma di cui al D.L. n. 179 del 2012, art. 16, comma 4, conv. in L. n. 221 del 2012, secondo cui "Nei procedimenti civili le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria sono effettuate esclusivamente per via telematica all'indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni, secondo la normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. Allo stesso modo si procede per le notificazioni a persona diversa dall'imputato a norma dell'art. 148 c.p.p., comma 2-bis, artt. 149, 150 c.p.p. e art. 151 c.p.p., comma 2. La relazione di notificazione è redatta in forma automatica dai sistemi informatici in dotazione alla cancelleria".. A tanto consegue, quindi, l'affermazione che è da escludere l'ammissibilità dell'istanza di rinvio per legittimo impedimento avanzata a mezzo della posta elettronica certificata dal difensore di fiducia dell'imputato, poichè il dettato della norma di cui al D.L. n. 179 del 2012, art. 16, comma 4, è ostativo ad una estensione ai difensori della possibilità di effettuare comunicazioni e notificazioni e di presentare istanze mediante l'utilizzo della posta elettronica certificata.
A tale orientamento si contrappone altro orientamento, condiviso dal Collegio, che si fonda sul principio di diritto enunciato da Sez. U, n. 40187 del 27/03/2014, Lattanzio, Rv 259928 con riguardo all'utilizzazione del telefax per inviare al giudice procedente una richiesta di rinvio per legittimo impedimento, dell'imputato o del difensore, secondo il quale la richiesta di rinvio dell'udienza per legittimo impedimento del difensore, inviata a mezzo posta elettronica in cancelleria, non è irricevibile nè inammissibile, anche se l'utilizzo di tale irregolare modalità di trasmissione comporta l'onere per la parte che intenda dolersi in sede di impugnazione dell'omesso esame della sua istanza di accertarsi del regolare arrivo della mail in cancelleria e della sua tempestiva sottoposizione all'attenzione del giudice procedente (Sez. 1, n. 17879 del 22/03/2019, Rv. 276308 - 01; Sez. 4, n. 35683 del 06/06/2018, Rv. 273424 - 01; Sez. 6, n. 54427 del 16/10/2018, Rv. 274314 - 01; Sez. 6, n. 35217 del 19/04/2017, Rv. 270912; Sez. 2, n. 47427 del 07/11/2014, Rv. 260963).
Nella specie, tale onere non è stato adempiuto, non risultando che l'istanza sia stata portata tempestivamente a conoscenza della Corte di appello prima dell'udienza del 13.02.2020.
Peraltro, l'istanza, prodotta dallo stesso ricorrente, era inaccoglibile.
Come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte - n. 4909 del 18/12/2014, dep. 02/02/2015, Rv. 262912), l'impegno professionale del difensore in altro procedimento costituisce legittimo impedimento che dà luogo ad assoluta impossibilità a comparire, ai sensi dell'art. 420 ter c.p.p., comma 5, a condizione che il difensore: a) prospetti l'impedimento non appena conosciuta la contemporaneità dei diversi impegni; b) indichi specificamente le ragioni che rendono essenziale l'espletamento della sua funzione nel diverso processo; c) rappresenti l'assenza in detto procedimento di altro codifensore che possa validamente difendere l'imputato; d) rappresenti l'impossibilità di avvalersi di un sostituto ai sensi dell'art. 102 c.p.p. sia nel processo a cui intende partecipare sia in quello di cui chiede il rinvio.
L'obbligo di comunicare prontamente, ex art. 420 ter c.p.p., comma 5, il legittimo impedimento a comparire, per concorrente impegno professionale, si intende puntualmente adempiuto dal difensore quando questi, non appena ricevuta la notificazione della fissazione dell'udienza nella quale intenda far valere il legittimo impedimento, verifichi la sussistenza di un precedente impegno professionale davanti a diversa autorità giudiziaria cui deve accordare prevalenza. Ne consegue che la tempestività della comunicazione predetta va determinata con riferimento al momento in cui il difensore ha conoscenza dell'impedimento (Sez. 5, n. 27174 del 22/04/2014, Rv.260579).
Il difensore che chiede il rinvio del dibattimento per assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento per concomitante impegno professionale, inoltre, non può limitarsi a documentare la contemporanea esistenza di questo, ma deve fornire l'attestazione dell'assenza di un codifensore nell'altro procedimento e prospettare le specifiche ragioni per le quali non possa farsi sostituire nell'uno o nell'altro dei due processi contemporanei, nonchè i motivi che impongono la sua presenza nell'altro processo, in relazione alla particolare natura dell'attività che deve svolgervi, al fine di dimostrare che l'impedimento non sia funzionale a manovre dilatorie (Sez. 5, n. 7418 del 06/11/2013, dep. 17/02/2014, Rv. 259520).
Nella specie, l'istanza di differimento era manchevole della prova della tempestività della prospettazione dell'impedimento, della attestazione dell'assenza di codifensore nell'altro procedimento, nonchè priva della specificazione delle ragioni dell'impossibilità di nomina di sostituto, ai sensi dell'art. 102 c.p.p., sia nel processo a cui si intendeva partecipare sia in quello di cui si chiedeva il rinvio.
3. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile per genericità.
Va rimarcato che l'accertamento del dolo, quale prova della coscienza e volontà del fatto, costituisce un accertamento di fatto volto a conoscere e ricostruire il fatto storico e deve fondarsi sulla considerazione di tutte le circostanze esteriori dello stesso. Il dolo costituisce, infatti, un fatto interiore del quale non è possibile alcuna constatazione empirica: quindi, tradizionalmente, la prova è desunta attraverso un processo di natura induttiva che si basa sull'analisi e la valutazione di indizi (cd. indicatori del dolo: modalità della condotta; comportamento dell'agente; la direzione dell'azione) dai quali il giudice inferisce la sussistenza o meno di una determinata realtà psicologica (SSUU 38343/2014 Rv. 261105 16465/2011 Rv. 250007; 4912/1989 Rv. 180979).
Nella specie, la Corte territoriale, disattendendo la censura difensiva qui riproposta, ha espresso congrua e logica motivazione in ordine alla sussistenza dell'elemento soggettivo del reato contestando, enucleando ed esaminando in maniera complessiva plurimi elementi fattuali dimostrativi della specifica finalità dell'imputato di evadere l'imposta Iva (cfr pag pagg 3-4-5-6 della sentenza impugnata).
Rispetto all'articolato percorso argomentativo dei Giudici di appello, il ricorrente muove censure meramente contestative e prive del necessario confronto critico.
Il motivo prospetta, dunque, deduzioni generiche, in quanto esse non si confrontano specificamente con le argomentazioni svolte nella sentenza impugnata, confronto doveroso per l'ammissibilità dell'impugnazione, ex art. 581 c.p.p., perchè la sua funzione tipica è quella della critica argomentata avverso il provvedimento oggetto di ricorso (Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, Rv. 243838; Sez. 6, n. 22445 del 08/05/2009, Rv. 244181).
Trova, dunque, applicazione il principio, già affermato da questa Corte, secondo cui, in tema di inammissibilità del ricorso per cassazione, i motivi devono ritenersi generici non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (Sez. 2, n. 19951 del 15/05/2008, Rv. 240109; Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Rv. 255568; Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Rv. 259425).
La mancanza di specificità del motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell'art. 591, comma 1, lett. c), all'inammissibilità del ricorso (Sez. 4, 29/03/2000, n. 5191, Barone, Rv. 216473; Sez. 1, 30/09/2004, n. 39598, Burzotta, Rv. 230634; Sez. 4, 03/07/2007, n. 34270, Scicchitano, Rv. 236945; Sez. 3, 06/07/2007, n. 35492, Tasca, Rv. 237596).
4. Consegue, pertanto, il rigetto del ricorso e, in base al disposto dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.